Immersioni d'inverno
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Le immersioni d’inverno

Pratico la subacquea del 1995, data del primo brevetto sub, e le mie immersioni nel 90% dei casi sono concentrate in uno specchio d’acqua che va da Punta Manara, Promontorio di Portofino, Gallinara, Marina di Aregai, Sanremo, Capo Nero, Bordighera, Capo Mortola fino a Cap Ferrat con qualche “zingarata” a Porquerolles, Les Goudes e Isole Medas.

Parliamo quindi di Mar Ligure e alto Mediterraneo. Le mie considerazioni prendono origine da queste esperienze.

I principali elementi da tenere in considerazione nelle immersioni d’inverno sono il freddo (ovviamente) e le previsioni meteo marine.

Su quest’ultima vale sempre la regola del buon senso pertanto mi concentrerò sulla gestione del freddo.

I fattori predisponenti con i quali dobbiamo fare i conti con le basse temperature meteorologiche che caratterizzano questo tipo d’immersione sono almeno tre e li elenco per poi poterli analizzare singolarmente:

  • dispersione termica l’acqua è un ottimo conduttore di calore e la sua dispersione è di almeno 25 volte superiore rispetto all’aria
  • consumo energetico il freddo obbliga l’organismo a bruciare una maggiore quantità di calorie nel tentativo di mantenere inalterato l’equilibrio termico corporeo
  • visibilità le temperature invernali favoriscono alcuni fenomeni fisici e biologici che modificano sensibilmente la visibilità.

La temperatura del Mar Ligure in inverno

Le variazioni stagionali di temperatura del mare dipendono da diversi elementi tra cui l’irradiazione solare, le correnti marine e la prossimità alle foci dei fiumi.

La temperatura minima che ho registrato nel Mar Ligure negli ultimi anni non è mai stata inferiore a 14 gradi.

Amici con abitudini lacustri invece mi riferiscono che le temperature possono tranquillamente variare tra i 10 e i 5 gradi. Sarà per questo motivo che non faccio immersioni nei laghi? Mah!

Il termoclino

La quota in cui è possibile avvertire gli effetti del termoclino, cioè quella linea di demarcazione tra lo strato d’acqua più superficiale, quindi più soggetta al riscaldamento (o raffreddamento), e quello più profondo e più stabile durante l’anno, varia anche di parecchi metri in relazione alla stagione.

In inverno non è strano avvertire più freddo alle quote superficiali rispetto a quelle più profonde proprio per le motivazioni prima espresse.

Questi differenti potenziali termici muovono importanti masse d’acqua e contribuiscono al rimescolamento dei nutrienti che, rimanendo in sospensione, modificano sensibilmente la visibilità, contrariamente a quanto succede nel lago.

La dispersione termica

L’acqua è un ottimo conduttore termico ed è per questo motivo che a contatto con un liquido ci raffreddiamo 4-5 volte più velocemente rispetto all’aria.

Basti pensare che alla temperatura dell’acqua di 15 C° il nostro corpo cede all’esterno 1,5 C°/ora, raffreddandosi progressivamente perché incapace di compensare la dispersione termica per arrivare ad un fattore di raffreddamento (così si chiama questo parametro) di 4,0 C°/ora alla temperatura esterna dell’acqua di 5 C°.

Non è uno scherzo se si considera che iniziamo ad avvertire le prime criticità alla temperatura corporea di 35 C° e che a 28 C° sopravviene l’arresto cardiaco!

Un buon isolamento termico permette di mantenere la corretta temperatura corporea senza attivare, durante l’immersione, alcuni dei fattori di criticità come l’aumento del ritmo cardiaco, l’affanno, la vasocostrizione periferica, l’irrigidimento muscolare e l’aumento del metabolismo.

Ecco che la scelta della muta diventa strategica per assicurare il massimo comfort in acqua.

Come proteggerci?

In questi casi non esito a consigliare l’impiego di una muta stagna, in neoprene o in trilaminato, accompagnata da un generoso sottomuta.

L’indiscusso vantaggio è quello di rimanere asciutti, evitando il contatto diretto del corpo con l’acqua. Un morbido e spesso cappuccio accompagnati da una coppia di guanti (stagni o in neoprene) completano la vestizione.

Il corretto utilizzo della muta stagna non è banale e non è scontato. Il mio suggerimento è di arrivare all’uso di questo indispensabile dispositivo quando il controllo dell’assetto in acqua è diventato naturale ed istintivo. I corsi di muta stagna posso aiutare ad interpretare il nostro comportamento in immersione con maggiore consapevolezza.

L’uso dell’intimo tecnico nella subacquea

Un accessorio che ho imparato ad apprezzare è l’intimo tecnico, indossato direttamente sulla pelle. Questo indumento, normalmente in Lycra o in lana Merinos nei capi più elaborati e costosi, assorbe il sudore e lo trasferisce all’esterno verso il sottomuta.

Il corpo rimane asciutto evitando così il raffreddamento cutaneo. I vantaggi di un intimo tecnico di qualità si apprezzano anche dopo la svestizione della muta.

Durante l’immersione, inoltre, il gas inalato, già freddo per l’esposizione, diviene progressivamente più denso aumentando così la dispersione termica per conduzione.

Al fine di non perdere calore già prima d’immergerci è consigliabile che le fasi della vestizione siano effettuate in un luogo riparato. L’aver indossato prima l’intimo tecnico aiuta moltissimo la conservazione del calore corporeo.

Il consumo energetico

Con il freddo il nostro corpo va in protezione aumentando in maniera considerevole il metabolismo per garantirsi la temperatura ottimale.

Questi sforzi sono utili solo a rallentare il raffreddamento e non ad arrestarlo, al costo di un importante consumo energetico.

La testa, inoltre, è la principale fonte di dispersione termica. Un caldo cappello, in pile o in lana, è utile per non raffreddarsi nelle fasi di vestizione e trasferimento e torna comodo indossarlo immediatamente dopo l’immersione, anche se bagnati.

Cosa mangiare prima dell’immersione?

Prima di intraprendere qualsiasi attività che richieda sforzo fisico e consumo energetico è consigliabile assumere alimenti contenenti carboidrati a lento rilascio come cereali integrali e frutta fresca.

Il glucosio è il principale carburante delle nostre cellule ed è indispensabile ai processi metabolici che si mettono in atto durante le nostre attività.

A questo proposito consiglio di evitare gli alimenti ricchi di zuccheri raffinati, come merendine confezionate o cioccolata ad esempio, perché aumentano velocemente l’indice glicemico del sangue, stimolando la produzione di insulina. Quest’ultima ha il compito di trasformare gli zuccheri in grasso sottraendoli così al ciclo metabolico proprio quando ne avremmo bisogno.

Per i subacquei che soffrono il “mal di mare” (e ce ne sono tanti… ) consiglio di evitare la classica colazione a base di latte, caffè e cornetto perchè poco digeribili. Meglio qualcosa di secco come fette biscottate o crackers.

Un thermos di thè o altro infuso caldo accompagnato da qualche biscotto aiuteranno a reintegrare rapidamente le calorie utilizzate durante l’immersione una volta usciti dall’acqua.

E durante l’immersione?

Ad una diminuzione della temperatura del corpo di 0,6 C° corrisponde anche un aumento del fabbisogno di ossigeno 4-5 volte superiore rispetto alla condizione di riposo, perché necessario alla respirazione cellulare e alla maggiore produzione di energia/calore. Occhio ai consumi quindi!

La fase in cui la percezione del freddo aumenta è sicuramente quella della risalita e della sosta di sicurezza o di decompressione. I nostri movimenti rallentano e non è infrequente che la temperatura verso la superficie sia inferiore rispetto a quella sul fondo.

Per evitare un eccessivo raffreddamento è consigliabile programmare, quando possibile, immersioni multilivello che, gradualmente, ci conducano verso la superficie ed evitare decompressioni eccessive.

Perchè fare immersioni in inverno?

Durante le immersioni d’inverno gli scenari, che nella stagione estiva sembrano più colorati e ricchi di vita, cambiano radicalmente tonalità quasi appiattendosi nei contrasti.

La visibilità cala drasticamente a causa della minore penetrazione dei raggi solari sotto la superficie e la vita subacquea sembra assopirsi, quasi in letargo.

Il minor angolo d’incidenza della luce rende più cupa l’immersione fin dai primi metri e la torcia diventa così un’ottima compagna di viaggio. Inoltre le frequenti mareggiate invernali e la prossimità alla foce dei fiumi alimentano una maggiore sospensione.

E allora tra basse temperature, condizioni meteo precarie e visibilità ridotta perché fare immersioni invernali?

La vita c’è ma non si vede!

Intanto la vita sottomarina continua, anche se non si vede. Le attività della fauna marina si concentrano all’interno di tane e rifugi lontano da occhi indiscreti ed è possibile osservarla prestando maggiore attenzione ad ogni anfratto che troviamo lungo il nostro percorso.

In inverno sono osservabili specie che in altre stagioni è difficilissimo incontrare a quote ricreative come la Rana Pescatrice ad esempio. Animale dalle abitudini solitarie vive quasi tutto l’anno a grandi profondità per spostarsi verso la superficie solo nei mesi invernali.

L’incontro con la Rana Pescatrice per un subacqueo è particolarmente entusiasmante e, pur con quel suo muso pronunciato verso l’alto, si presta ad essere fotografato da ogni lato perché difficilmente cambierà posa a meno che non sia troppo infastidito.

I polipi delle gorgonie, inoltre, appaiono più attivi nella ricerca di nutrimento mentre nuvole di leggiadri Anthias ci avvolgono.

Quindi?

In inverno il mare rivela la sua vera natura e trasmette a tutti noi la sua grande forza e bellezza lontano dal “rumore” estivo”.

Come reagiscono le attrezzature al freddo?

Nei precedenti paragrafi ho descritto come la stagione invernale incida sul comfort termico, sul consumo energetico e sulla visibilità in immersione.

A questo punto credo sia interessante valutare le implicazioni che il freddo ha sulle attrezzature e in particolare sugli erogatori subacquei.

Come già spiegato nell’introduzione dell’articolo le mie immersioni si concentrano nel Mar Ligure e le temperature in immersione molto difficilmente vanno sotto i 14 C°.

In queste circostanze non ci sono controindicazioni particolari all’uso di qualunque tipo di erogatore a patto che sia bilanciato.

Infatti la maggiore richiesta d’aria indotta dal freddo, conseguente all’aumento del metabolismo corporeo per produrre più energia, è meglio supportata da un primo stadio bilanciato perché garantisce un flusso d’aria costante ed omogeneo, indipendentemente dalla pressione della bombola.

In caso di temperature inferiori ai 5 C° è consigliabile un primo stadio a membrana accoppiato ad un kit “anti freeze”.

Quale erogatore subacqueo garantisce la massima performance?

Nel primo stadio a membrana infatti le componenti destinate al bilanciamento (astina guida, pistoncino e la sua molla di ritorno) non sono a contatto con l’acqua. Solo la parte esterna della membrana e della relativa molla di taratura sono allagate e l’uso del kit “anti freeze”, attraverso la sigillatura della ghiera e grazie ai rimandi verso la membrana, ne garantisce la tenuta stagna. Il primo stadio a membrana, inoltre, è in grado di erogare una quantità di aria sensibilmente superiore rispetto al sistema a pistone.

Attenzione alle batterie!

Per concludere con il freddo è necessario prestare maggiore attenzione alla funzionalità delle batterie delle torce, dei computer subacquei e di tutti gli accessori che necessitano di alimentazione elettrica, tipo la sonda HP per esempio. Infatti alle basse temperature aumenta la resistenza interna della batteria che ne riduce la durata in maniera sensibile.

@tre21.com

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